Sconti e abbuoni per variazione in diminuzione dell’imponibile

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L’Agenzia delle Entrate, mediante la Risposta ad Interpello n. 172 del 30 maggio 2019, in tema di sconti e abbuoni ha affermato che, contrariamente alle cosiddette variazioni in aumento, l’esercizio delle variazioni in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta ha natura facoltativa, «ed è limitato ai casi espressamente previsti dal legislatore, tra i quali rientrano le ipotesi di riduzione del prezzo iniziale per la concessione di sconti o abbuoni previsti contrattualmente, o comunque frutto di successivo accordo tra le parti entro un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile».
Motivo dell’espressione dell’Ente è la richiesta di una società che regola i rapporti con i distributori dei suoi prodotti, per lo più della grande distribuzione organizzata, mediante un accordo che determina le condizioni generali di tali rapporti, e un accordo integrativo, dove sono riportate e disciplinate le attività promozionali da svolgere. L’accordo integrativo fissa la concessione di sconti e abbuoni di diversa natura. Ogni cliente può emettere una nota di debito non assoggetta ad IVA. Il cessionario o committente, con questo documento, rettifica la fattura originaria senza effetti a fini IVA.
L’Amministrazione Finanziaria, riprendendo la massima giurisprudenziale di cui Cass. 20 novembre 2015, n. 23782, chiarisce che «La nota di variazione in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta non è ammessa se la riduzione di prezzo non è dovuta ad uno sconto – inteso come componente che incide direttamente sul corrispettivo dei beni o dei servizi, riducendone l’ammontare dovuto per le singole operazioni compiute – ma ad un premio di fine anno, ossia ad un contributo autonomo riconosciuto indistintamente a fine esercizio al cliente al raggiungimento di un determinato fatturato o, comunque, per incentivarlo a futuri acquisti».
Il Fisco, ricordando che l’esercizio delle variazioni in diminuzione è facoltativo, chiarisce che il solo soggetto legittimato a procedere è il cedente/prestatore, dato che  il cessionario/committente è impossibilitato ad emettere una nota di variazione che riduca l’ammontare imponibile o l’imposta dell’originaria operazione.
Tutto ciò rimane invariato anche a seguito dell’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica tramite SdI: «Nelle operazioni tra soggetti passivi d’imposta o tra questi ultimi e i consumatori, lo SdI esclude qualsiasi “richiesta” (da intendersi come documento o nota) non espressamente prevista da una disposizione normativa (si tratti, ad esempio, delle note di debito “anomale” del cessionario/committente, emesse in sostituzione delle note di variazione in diminuzione del cedente/prestatore, o di contestazioni sul contenuto dei documenti già trasmessi)».
Per concludere, le Entrate hanno chiarito che non vi sono specifici ostacoli affinché le “note di debito” dei cessionari/committenti (analogiche o elettroniche extra SdI) siano utilizzate ai fini delle imposte dirette, per rettificare, esclusivamente sul piano finanziario, il documento originario, a patto che cuiò si svolga in presenza di idonea documentazione e, quindi, che le citate note si collochino in un completo e coerente quadro probatorio.

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