Diritto di abitazione e dichiarazione di successione

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L’Agenzia delle Entrate con la Risposta n.463 del 4 novembre 2019, ha stabilito che non è necessario riportare nella dichiarazione di successione il diritto di abitazione riconosciuto al convivente di fatto superstite del de cuius, in quanto si tratta di diritto personale di godimento attribuito a un soggetto che non è erede o legatario.
Il Fisco chiarisce che lo status di convivente è applicabile in base ad una autocertificazione, anche se la convivenza con il de cuius non si evince da alcun registro anagrafico e la convivente superstite non abbia la residenza anagrafica nella casa di proprietà del defunto.
Nell’eventualità di decesso da parte del proprietario della casa di comune residenza, al convivente di fatto superstite spetta il diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni.
Il diritto di continuare ad abitare nella casa comune è pensato per assicurare la tutela del diritto all’abitazione dalle pretese restitutorie dei successori del defunto per un lasso di tempo ragionevolmente sufficiente a consentite al convivente superstite di provvedere in altro modo a soddisfare l’esigenza abitativa. Nel caso presentato al Fisco il convivente non ricopriva il ruolo di legatario dell’immobile giacché deficitava di una disposizione testamentaria pensata a istituirlo come tale.
Le Entrate, infine, escludono che il diritto di abitazione debba essere riportato nella dichiarazione di successione, giacché persiste il diritto personale di godimento attribuito ad un soggetto che non è erede o legatario.

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